STONE CITY

BUILDING

International Competition

Location: Zandobbio, Bergamo

Year: 2017

Project team: Alessandro Acciarino, Gabriele Corbo, Jacopo Costanzo, Valeria Guerrisi

Collaborators: Florian Bour, Giulia Celano, Eugenia Riffelli

 

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La Granulati Zandobbio ha chiaramente comunicato gli obiettivi del concorso bandito.

Un landmark flessibile, realizzato a secco, sostenibile e comunicante.

Questo ci ha aiutato a sgomberare il campo da tutta una serie di inibizioni che costantemente ci ostruiscono ed affannano, come residui diurni nel momento del sogno, della proiezione.

Nel nostro caso la trasmissione del brand aziendale ha letteralmente iniziato e concluso il percorso progettuale, assumendo un significativo valore cinematico per ogni possibile tipo di vettore: pedonale, carrabile, aereo.

L’edificio replica in pianta – con una fanatica esattezza – il logo della Granulati Zandobbio. Le tre organiche ellissi diventano altrettanti attori, egualmente necessari, che mettono in scena il progetto.

Procedendo dall’esterno verso l’interno troviamo: una struttura metallica, intesa come impalcatura viva, capace di ospitare elementi pubblicitari, impianti audio-video, luci, festoni, scale di emergenza, passerelle aeree per privilegiati punti di osservazione. Immediatamente dopo incontriamo un edificio a due piani – l’unico a potersi realmente ritenere tale – alto la metà, che ospita l’alloggio del custode, la guardiola, la reception, il bar, uffici e sale riunioni, servizi.

Ma soprattuto, questo secondo ovale racchiude l’ampia hall a doppia altezza, uno spazio fortemente evocativo, pensato per accogliere i numerosi eventi aziendali e culturali ospitati presso Stone City, rivolti ai clienti come alla cittadinanza.

Due elementi importanti per la distribuzione interna del progetto, nonché per la suggestiva caratterizzazione della grande sala ovale, sono la rampa che collega i due piani dell’edificio e la passerella metallica, unico elemento che congiunge trasversalmente interno ed esterno, attraversandolo in quota sull’asse Nord-Sud.

Queste due architetture animano il core in calcestruzzo dell’edificio – nucleo strutturale e di inerzia termica – già definito da una significativa sezione troncoconica.

Il climax si conclude proprio al di sopra di questa hall con un elemento iconico e funzionale al contempo. Una struttura gonfiabile pressostatica in tessuto, a definire la chiusura orizzontale della grande sala, che diviene l’elemento protagonista del progetto e sintetizza la vocazione mediatica del nuovo centro polifunzionale.

Oltre a prevedere un impianto d’illuminazione interno ed esterno, a conferma del ruolo di lanterna del grande sasso sospeso, il geoide è assicurato alla struttura metallica perimetrale – già descritta – mediante l’utilizzo di tiranti e carrucole. Questo sistema consente di sigillare adeguatamente la hall in condizioni atmosferiche avverse, mentre riesce a ventilare naturalmente, attraverso moti convettivi innescati dalle differenze di temperatura dell’aria, lo spazio sottostante: grazie ad un movimento di cavi che consente al gonfiabile di innalzarsi fino ad una distanza di tre metri dalla copertura.

Il primo recinto, inteso come spazio dell’effimero, debitore nei confronti di un certo immaginario industriale – gazometri e water thank – è stato pensato da realizzarsi in acciaio verniciato blu, seguendo i toni del logo della Granulati Zandobbio. Differentemente, il blocco uffici è rivestito con pannelli perimetrali bianchi in acciaio porcellanato; lo stesso sasso gonfiabile è stato concepito come parzialmente diafano.

A sovvertire e sublimare il disegno del centro polifunzionale proposto, provvede la sistemazione dell’esterno. Una quarto tracciato ovale, orientato verso Sud-Est, sviluppa, dove richiesto da l bando, una grande piazza delimitata da una serie di gradinate. Uno spazio per adunate ed eventi all’aperto che risponde con decisione alla visione più intimistica e metafisica della hall interna. Questa assialità Sud-Est prosegue, possibilmente esaltandosi, con il grande megafono memore di Rodchenko: un viale alberato, che trova ancora una volta nel centro polifunzionale e nella sua hall interna il proprio fuoco prospettico e che congiunge l’edificio all’area di parcheggio ed allo storico spazio espositivo di Stone City.

Nella comunicazione del progetto, è stata adottata una strategia specifica che rende omaggio a riferimenti imprescindibili nella progettazione di un edificio così particolare nella sua semplice vocazione. Dalle riflessioni di Venturi e Scott Brown sulla dicotomia tra duck e decorated shed – della quale ci auspichiamo di aver offerto una promettente sintesi (!!!) – alle visionarie rappresentazioni di Jan Kaplicky. I disegni degli illuministi esaltati come Boullee, quanto le insolite architetture di provincia come quelle di Giacomo Leone a Catania. Si è coagulato un mondo, un fiume, una fiera di visioni e di riferimenti.

Ed è proprio con un edificio fieristico, più in generale con la tipologia degli edifici per esposizioni temporanee, ed ancora con il clima tutto delle World’s Fair che abbiamo fatto i conti. Un esempio paradigmatico potrebbe essere l’IBM World Fair Pavillion, disegnato da Eames and Roche & Dinkeloo a New York nel 1962.

L’idea che lo scopo principale dell’architettura non sia comunicare ma inventare nuove forme, è certamente dannosa. In direzione opposta, tra l’autostrada A4 e la strada provinciale 89, viaggia il nostro progetto per Stone City.

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